Erasmus + | Il debate per sviluppare il dialogo e il confronto con gli altri

Oggi si parla spesso di “formazione continua” per i docenti, giacché si parte teoricamente dal presupposto che ciascuno incarni in sé un proprio metodo che, come una sorta di “work in progress”, si tras-forma sempre. Ogni docente infatti non “ha” un metodo precostituito acquisito da un paradigma esterno, ma incarna un metodo proprio che affina costantemente durante la sua “esistenza professionale”. Si definisce “esistenza professionale” perché ogni docente, oltre a vestire il suo ruolo lavorativo, è prima di tutto un’esistenza pertanto il desiderio di tendere sempre alla conoscenza risulta connaturato alla sua propria essenza. Ma nello stesso tempo in quanto “e-sistenza”, hegelianamente questa esce da se stessa per confrontarsi con altro e quindi tornare in se stessa ricca del bagaglio esperienziale vissuto, mettendosi in gioco con “qualcosa di altro” diverso da sé stessa. Un docente deve essere quindi in primis un “viandante” che con la sua lanterna muove alla ricerca continua di nuovi orizzonti del sapere teorico, ma allo stesso tempo deve avere occasione anche di sperimentarsi mettendo alla prova il proprio vissuto esperienziale.
In questa cornice di significato il progetto Erasmu+ si innesta in un processo integrale di formazione continua per quei docenti che hanno possibilità di aderire: risulta infatti una occasione unica per sospendere il proprio giudizio sulla definizione del proprio metodo, per abbandonarsi in uno scenario nuovo alla contaminazione di approcci educativi alternativi. Un docente in questo senso deve avere capacità resiliente: accogliere la novità per farla propria con spirito critico, senza alcun timore di perdere se stesso per accrescere e affinare il proprio essere una “esistenza professionale”.

Bristol, città inglese universitaria e cosmolopita, segnata dalle acque del fiume Avon, cuore pulsante di rotte marittime di Sebastiano Caboto, così come tela delle pitture murarie del celebre Bansky intervallate alla policromia delle architetture della “Brick Generation”, risulta una delle destinazioni più ambite per avvicinarsi al mondo della educazione inglese. Accanto alle celebri mete britanniche quali Londra, Oxford, Cambridge per citarne alcune, anche Bristol nel suo splendore tipicamente anglosassone, da sempre centro di scambi commerciali ed economici con territori lontani, dimostra una grande apertura dal punto di vista culturale. Il soggiorno durato una settimana è stato caratterizzato da due prime giornate formative proposte dalla agenzia organizzativa di riferimento “Eso Group”: incontri questi dove sono stati appresi i fondamenti teorici della struttura educativa inglese. Sono seguite altre due giornate molto interessanti di “job shadowing”, cioè di osservazione diretta sul campo della didattica inglese: la prima dedicata alla educazione primaria presso la scuola “St. Joseph’s Catholic Primary School”, mentre la seconda giornata impiegata presso il “St. Mary Redcliffe and Temple School”, alla pari di un istituto superiore italiano. Infine la settimana si è conclusa con due visite principali: una alla città universitaria per antonomasia: Oxford; l’altra alla esplosiva capitale Londra, dentro una calda scenografia natalizia tra luci cangianti e profumi internazionali. Se si volesse confrontare gli approcci educativi, quello inglese con quello italiano, sicuramente bisognerebbe risalire ad una analisi del paradigma culturale e sociale a fondamento dell’identità dei due paesi facenti parte allo stesso modo del panorama europeo, prossimi ma altrettanto distanti l’uno con l’altro.

Il mondo inglese nella sua evoluzione storica ha sempre confermato una organizzazione selettiva della società per classi determinate: una struttura funzionale questa, ben definita secondo criteri economici e culturali, sebbene con varie accentuazioni nel susseguirsi delle diverse epoche storiche. Risulta inoltre evidente una sedimentata educazione culturale che contraddistingue il popolo inglese trasversalmente, dove viene riconosciuto un alto valore al mondo educativo: ciò comporta, di conseguenza, un profondo rispetto per il ruolo educativo del docente di qualsiasi ordine scolastico. Appare ancora importante garantire una rete sociale funzionale di intervento per lo sviluppo sociale degli individui, che devono guadagnare la loro autonomia sociale molto presto. Tale premessa introduttiva tratteggia dunque una atmosfera educativa ben lontana dal nostro panorama nazionale: difatti da una “educazione selettiva” inglese, passiamo invece ad una “educazione inclusiva” italiana; da una educazione precostituita e scandita da tempi incalzanti per un gruppo numeroso, d’altra parte si predilige una educazione puntuale sicuramente, ma “incentrata” sullo sviluppo graduale della singola persona; ne consegue, quindi, che il perseguimento degli obiettivi di questi approcci educativi in linea teorica sono strutturalmente diversi: cosa tuttavia che non è stato possibile verificare per il tempo limitato a disposizione. Quello che appare palese però è sicuramente un differente impegno lavorativo per il corpo docente. Inoltre per deontologia professionale i docenti intervengono dentro una cornice di azione molto regolamentata, pertanto si assapora durante la fase di osservazione un lavoro certamente produttivo ma asettico, per certi versi meccanico e freddo dal punto di vista emotivo ed empatico. Fattore questo che stride con un approccio educativo “umanizzato” del “prendersi cura” dello stile italiano; nel contesto nazionale centrale deve rimane difatti la “contaminazione del cuore”, dove l’emozione apre la strada alla conoscenza. Ancora, l’ambiente scolastico inglese appare molto strutturato, ciascuna classe come una “monade” risulta autonoma da punto di vista organico e funzionale: adeguata alla vita del gruppo classe, dotata della migliore tecnologia e carica di strumentazione didattica, certamente suscita a un primo impatto sentimenti di stupore e di ammirazione. Eppure entrando in questi ambienti così tanto adornati, talvolta si ha la percezione di disorientamento tanta è la mole di stimoli materiali e dispensativi sensoriali che attirano l’attenzione di un occhio umano. Forse un ambiente curato e ordinato potrebbe facilitare gli apprendimenti educativi e stimolare spontaneamente la capacità immaginativa e creativa della classe. Sebbene ci siano palesi differenze fondamentali a priori, tuttavia la scuola inglese affascina perché contraddistinta da elementi didattici molto interessanti, dai quali tratte nuovi spunti per migliorare il servizio scolastico nella nostra scuola italiana. Primo tra tutti la condivisione della divisa scolastica così come del materiale scolastico, fattore questo che attenua le differenze tra gli ospiti della scuola; così come la costante originalità dimostrata nei materiali educativi e nei supporti dispensativi forniti alla classe; di più, il ritmo sostenuto e scandito delle diverse attività didattiche proposte durante il normale svolgimento delle lezioni: cosa che probabilmente abbiamo ancora poco consolidato nei diversi ordini scolastici. Decisamente molto significativo, soprattutto per la scuola primaria, la didattica del “drama”: il lavoro teatrale che fin dalla tenera età, secondo piccole attività ludiche e ritmate, risulta stimolare e coinvolgere nel suo complesso la formazione integrale della persona.

Tale esperienza educativa, infatti, allena diversi ambiti umani: la memoria, la psicomotricità, la capacità di esprimersi e di muoversi in pubblico, la capacità di sospendere se stessi per vestire un ruolo diverso, la capacità di studiare i caratteri di un personaggio e la capacità di riconoscere e gestire le emozioni e saperle manifestare recitando, eccetera. Suggerimento didattico che sarà sicuramente importante da applicare soprattutto nello studio delle discipline umanistiche.

Questa esperienza di “job shadowing” ha permesso ai docenti in visita di osservare anche da vicino come viene attuato nel proprio paese di origine il “debate”: momento fondamentale per comprendere sia la strutturazione del “setting”, per certi versi diverso da quello italiano, ma anche le diverse dinamiche del processo dialogico. Il “debate” riconosciuta come attività anglosassone affonda le proprie radici nell’arte della retorica oratoria dell’antica Grecia e sta approdando, sebbene con anni di ritardo, anche nella scuola italiana. Perciò è stato molto interessante assistere ad una lezione di “debate” presso la St. Mary Redcliffe and Temple School, istituto decisamente all’avanguardia sul piano scolastico.

Il “debate”, come lo conosciamo nel nostro territorio nazionale nella scuola primaria promosso dall’Indire, consiste in un confronto dialogico tra due gruppi avversari che scaturisce da una affermazione solitamente proposta dal docente; spesso risulta preferibile che il contenuto della tesi nasca spontaneamente dalla classe per stimolare un maggiore coinvolgimento.

Dopo un momento di preparazione individuale a sostegno della propria posizione, in classe viene aperto il confronto dialogico tra i due gruppi che, tramite argomenti e confutazioni personali, hanno lo scopo comune di difendere la propria posizione oralmente; questa esperienza viene guidata dal docente che funge da moderatore del processo dialogico, mentre a conclusione viene valutata da un gruppo di controllo che verifica assieme all’adulto i termini prefissati.

Il momento di studio preparatorio avviene anche nella modalità inglese, tuttavia l’attività dialogica si articola secondo una diversa impostazione metodologica: permangono difatti i due gruppi avversari che si confrontano attorno ad un focus proposto e sono guidati da un moderatore del dialogo; tuttavia viene meno il gruppo di controllo, giacché lo stesso docente valuta il lavoro argomentativo di ciascun singolo. Prima che venga aperta la discussione di scambio, ciascun gruppo si riunisce a tavolino per definire la propria strategia tattica, così come appuntarsi le varie note argomentative a sostegno della propria esposizione orale. Ciascun membro ha a disposizione inoltre solo due momenti di parola: un “point” che definisce la possibilità di affermare la propria tesi argomentata; un “rebut” necessario invece per confutare la tesi del proprio avversario. Tale modalità permette così che ci sia una partecipazione paritetica e omogenea di tutti i partecipanti del gruppo classe alla attività orale.

Il vincitore del “debate” sarà quindi quel gruppo che meglio avrà esposto e sostenuto il proprio contenuto, minando la sicurezza dell’antitesi sostenuta dal gruppo avversario. Alla fine del lavoro didattico sarebbe opportuno che il moderatore del dialogo definisca i risultati raggiunti, mettendo in luce il processo dialogico che sarà “sempre aperto e mai concluso” della discussione argomentativa, per accrescere la consapevolezza dei partecipanti. Avere l’occasione di acquisire questo nuovo modello alternativo a quello italiano, ha permesso ai docenti di poter migliorare la modalità che viene attuata a livello nazionale, per poter affinare al meglio la tecnica e l’efficacia di questa attività ancora nuova e sperimentale.

Sara Salvadori Frassetto

(Docente Scuola Primaria)

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