Come lo sport insegna a superare le barriere

Il fenomeno delle paralimpiadi sta prendendo sempre più piede all’interno del mondo mediatico e sta spingendo i vari comitati olimpici nazionali ad incrementare lo sviluppo degli sport per persone diversamente abili, anche all’interno dei confini nazionali.

Tutto questo, finalmente, sta creando una sensibilizzazione maggiore per le persone con disabilità.

Una sensibilità che è andata crescendo dal secolo scorso ma che mai, come negli ultimi anni, aveva trovato ampio respiro nella società, tanto da raggiungere tutta la popolazione, come dimostra anche quanto espresso dai nostri ragazzi e ragazze del Collegio, interpellati sull’argomento.

“Sono persone coraggiose, perché fanno sport nonostante non abbiano gambe o braccia.”

“Gli atleti paralimpici sono delle persone con una grandissima forza di volontà e un’enorme determinazione”.

“Gli atleti paralimpici sono delle persone normali che fanno cose che non sembrano umane e per questo possono essere paragonati a dei superuomini”.

Storicamente la paralimpiade nasce a margine dell’ olimpiade del 1960 a Roma.

Solo dal 1988 con l’edizione di Seul, però, si affermò finalmente il principio di far disputare le paralimpiadi nella medesima città delle Olimpiadi, come evento Ufficiale.

Nel 2001 il CIO rende ufficiale la continuità dei due eventi nello stesso anno e nella stessa nazione.

Il concetto di risultato e di sport

L’atleta olimpionico, ma anche l’atleta professionista non-olimpico, è spinto dal proprio essere, dall’allenatore e a volte anche dalla platea di fans e supporters a cimentarsi non solo con se stesso, ma anche con i record e le medaglie.

Molto spesso però, il fallimento è tra le pieghe di questo feroce bisogno del giorno d’oggi di essere sempre il migliore e di prevalere sull’altro.

Quindi l’atleta diventa prestazionale quando supera un limite, vince la medaglia o batte il rivale. 

L’atleta paralimpico invece insegna tutta un’altra storia.

Fa capire che il circo mediatico, fatto di stress, obblighi verso gli sponsor e di risultato, non ha niente a che fare con il concetto più puro di sport.

L’atleta diversamente abile non ha bisogno di una medaglia o della prestazione per dimostrare qualcosa a se stesso o al mondo, se mai  volesse farlo.

È già il fatto di fare sport, di mettersi in gioco contro le sue difficoltà e la sua disabilità, il suo record, la sua vittoria.

Il detto di Coubertain (“l’importante è partecipare”) penetra nell’animo dell’atleta paralimpico.

Perchè proprio il partecipare a questa manifestazione, ma anche a qualsiasi manifestazione sportiva per persone diversamente abili, è una vittoria.

“Sono persone molto determinate e con un solo obiettivo nella vita: continuare a praticare la propria passione a tutti i costi”

“Non si abbattono mai, non perdono l’entusiasmo e sono molto coraggiosi”

“Non smettono mai di crederci, e hanno tantissima speranza!”

Nulla di più vicino al reale concetto di sport, di risultato, ci può essere.

Superatleti o persone normali

Lo sport di per sé è fatto di fatica, dedizione, sacrifici e impegno.

L’atleta normodotato può scegliere.

Se fare sport o meno, se fare sacrifici, impegnarsi e metterci fatica per migliorarsi e migliorare.

Può scegliere di fare sport, ma non per forza impegnarsi e metterci dedizione in quello che fa.

Mentre l’atleta paralimpico no, ha già racchiuse dentro di sé tutte queste caratteristiche, a prescindere dal risultato ottenuto in pista, in piscina o in palestra.

È già di per sé un atleta, se solo pensa di poter superare i propri limiti sia come sportivo che come essere umano.

La condizione di disabilità, è inutile dirlo, viene spesso vista come una cosa da cui scappare, che non deve far parte della nostra vita perchè tanto riguarda un’altra persona.

Le paralimpiadi e tutto lo sport per persone diversamente abili che si svolge anche a livello locale, invece, sta ribaltando questa concezione portando ad un assottigliamento tra la normalità e la disabilità.

La possibilità che i Giochi hanno dato di portare alla luce questa condizione disagiata, ha permesso a molte persone, che prima si consideravano semplicemente disabili, di considerarsi persone normali, quali esse sono. 

“Per me gli atleti paralimpici sono come supereroi perché non si arrendono mai e dovremo prendere sempre esempio da loro!”

Ma sono così straordinari?

O semplicemente sono persone che non si sono arrese alla difficoltà, che hanno cercato di superare le barriere che la vita ha messo davanti loro e che magari inizialmente pensavano impossibili da superare?

Il confine è labile, molto, ma di straordinario forse non hanno proprio nulla, salvo il fatto di insegnarci che nella vita si può affrontare qualsiasi difficoltà e abbattere qualsiasi barriera se solo abbiamo la volontà di farlo.

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