Il Collegio Immacolata di Conegliano come quello di Rai2?
Il Collegio Immacolata in queste settimane si sente interpellato da un nuovo evento televisivo che sta coinvolgendo il sentire comune, nonché i ricordi passati di un vivere ormai dimenticato da molti. Il reality Il Collegio, in onda su Rai2 fino a lunedì scorso, ha proposto in quattro puntate un tuffo nel passato, precisamente negli anni ‘60. Qualcuno lo definisce un esperimento in cui si vedono ragazzi del 2017 investiti di un ruolo a loro estraneo. I 18 adolescenti, scelti per questa trasmissione, sono stati rinchiusi nell’ex Collegio Celana a Caprino Bergamasco, una poderosa struttura fondata da Carlo Borromeo che ai tempi del boom economico ospitava anche 1000 studenti dei quali 700 interni.
Oggi, questa struttura oramai svuotata, è stata utilizzata per un reality prodotto dalla Magnolia e pensato ad hoc per ragazzi che vi sono rimasti rinchiusi per un mese, con cinque ore di lezione al giorno, finalizzate alla preparazione dell’esame di terza media come era strutturato negli anni ‘60 (latino compreso).
Ma i ragazzi del Collegio negli anni ’60 come vivevano?
La domanda che stuzzica i più curiosi e interessati a questo genere di esperimento è: ma era veramente così che vivevano, studiavano e si comportavano i ragazzi del 1960?
Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda andando dalle persone che veramente hanno vissuto al Collegio e ci riferiamo a quelle che hanno passato la loro giovinezza all’interno del nostro Collegio Immacolata. A queste persone è stato chiesto di vedere almeno una puntata del reality per metterla a confronto con la propria esperienza.
Sr Luigina Nicolai è stata educanda (venivano chiamate così le interne del Collegio) dal 1945 al 1948, presso la struttura del Collegio Immacolata. Quando ha visto il reality ha sorriso ripensando al suo felice passato e a come è stato riproposto oggi. Infatti, ad un certo punto, commenta: “Io non ho vissuto nell’ansia e nel terrore, ma per me, il Collegio era la mia seconda famiglia. Certo non mancava una ferrea disciplina, ma le mie insegnanti sapevano essere attente e dolci, quando era necessario”. Suona il detto da generazioni: “Se non ti comporti bene ti mando al Collegio!”. Per sr Luigina e le sue sorelle non è stato proprio così, perché i loro genitori hanno scelto di separarsi dalle figlie per investire nel loro futuro. Hanno saputo che il Collegio le avrebbe preparate culturalmente a una vita tutt’altro che facile.
Ma qual è lo scopo di questa produzione televisiva che tanto successo ha avuto soprattutto tra i giovanissimi?
Alcuni dicono che lo scopo del programma è osservare come ragazzi di oggi – avversi a qualsiasi forma di disciplina, abituati ad avere tutto con facilità – riescano ad adeguarsi al rigore di quei tempi. Comunque sia questi ragazzi hanno vissuto una situazione del tutto eccezionale e di breve durata. Ma è proprio quello di cui hanno bisogno i nostri giovani oggi? O forse la necessità di riempire la vita con il cellulare, o di tante altre cose è causato dalla noia? A maggior ragione oggi ci dobbiamo interrogare sulle scelte di vita dei nostri ragazzi senza rinchiuderli per forza in un Collegio e negare loro tutto senza alcuna ragione. Questo è il compito dell’educatore: capire il ragazzo, ascoltarlo e cercare di stargli accanto durante il percorso della sua esistenza.
Oggi ha ancora senso un “Collegio”?
Oggi, nel 2017, il Collegio ha cambiato volto perchè si è saputo adeguare ai tempi e soprattutto alle nuove ed emergenti esigenze dei ragazzi e delle loro famiglie.
Il ruolo educativo non può essere solo ed esclusivamente dell’insegnante; per quanto abile, rigoroso e capace non potrà mai sostituirsi al compito educativo della famiglia. Forse potrà sembrare semplice e comodo togliere i ragazzi dalle famiglie ed educarli a proprio piacere, ma sradicare le radici dal nucleo famigliare è rischioso perchè si possono generare persone insicure.
Oggi è una sfida l’educazione ma noi Figlie di Maria Ausiliatrice ci fidiamo della parola del nostro padre Don Bosco che ci dice ancor oggi: Mi hanno interrogato più volte e in tanti sul metodo da me seguito nell’incamminare così felicemente i giovani sulla via della virtù, ho sempre risposto: “Il sistema preventivo, la carità!”. è un sistema che tratta ogni giovane da “amico” e tale lo rende. Nel sogno che ho fatto a nove anni Colei che mi ordinò di mettermi in mezzo a quei ragazzi mi disse tra l’altro: “Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici”. Non ho mai più dimenticato il suo consiglio. La pratica del sistema preventivo è tutta poggiata sopra le parole di San Paolo: “La carità è paziente… tutto soffre, tutto spera, tutto sopporta”. Perché non venisse confusa con l’elemosina ho cercato di tradurre la parola “carità” con amorevolezza. Bisogna amare ciò che piace ai giovani, e i giovani ameranno ciò che piace ai loro educatori. L’amorevolezza la si deve esprimere nelle parole, nei gesti e persino nell’espressione del volto e degli occhi. Ed è importante che i giovani non solo siano amati, ma che gli stessi abbiano coscienza di essere amati (Lettera di don Bosco da Roma del 10 maggio 1884).
La nostra sfida educativa è e rimane la capacità di offrire ai giovani gli strumenti necessari per leggere la realtà di oggi, saperla interpretare e accoglierla come opportunità per divenire uomini e donne in grado di fare scelte mature e responsabili.
Sr. Dominga Pellegrini
Responsabile Ufficio comunicazione e relazioni istituzionali
Collegio Immacolata